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7 Luglio 2021 21:00 - 8 Agosto 2021 22:00 CATANIA, Castello Ursino

Mercoledì 7 e giovedì 8 luglio_ore 21.00

Spettacolo
Il cavalier di Risa
di Alessandro e Fiorenzo Napoli
Copione elaborato sula base dei canovacci di tradizione dell’Opira catanese

Catania, Castello Ursino

Piazza Federico di Svevia,

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PRENOTAZIONI: 3470954526; 3319622963; 095530153

Ingresso gratuito fino a esurimento posti

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Nella toponomastica carolingia, Risa è il nome dell’odierna Reggio Calabria, secondo l’antica denominazione di epoca normanna. Questa città diventa protagonista nella narrativa cavalleresca a partire dalla Chanson d’Aspremont, composta intorno al 1191, quando la Terza Crociata partì verso Oriente da Messina: assai probabilmente fu questo evento storico che radicò gli eroi carolingi nelle terre di Calabria. Il giovane Ruggiero di Risa, tanto bello quanto leale e valoroso, compare la prima volta nelle versioni toscane della chanson francese: i Cantari d’Aspromonte e L’Aspromonte in prosa di Andrea da Barberino. Da qui le vicende di questo personaggio e della sua famiglia, attraverso il poema cinquecentesco Le prime imprese di Orlando di Lodovico Dolce, confluirono nella compilazione ottocentesca di Giusto Lodico, e poi nel repertorio dell’Opera dei pupi.
I saraceni di Almonte d’Asia invadono la penisola italiana, si attestano in Calabria e assediano Risa, governata dal duca Rampaldo e difesa da suo figlio Ruggiero. Questi vince per ben tre volte Almonte alla prova di valore, ma viene subito dopo provocato a duello dalla sorella, l’eroina saracena Galiacella. Secondo un topos assai frequente nell’epica cavalleresca, il cristiano vince la bella saracena non solo d’arme, ma anche d’amore: Galiacella abbandona così il fratello Almonte e gli eserciti saraceni per seguire Ruggiero dentro Risa, battezzarsi e sposarlo. Ma Ruggiero ha anche un fratello maggiore di nome Beltramo, che non è né valoroso, né leale e generoso. Anch’egli s’innamora di Galiacella e, pretendendo a forza un bacio, ne viene schiaffeggiato. L’infame, livoroso e vendicativo, non esita allora a recarsi al campo saraceno di Almonte e, tessendo una fitta rete di falsità e calunnie, gli offre la facile conquista di Risa aprendogli le porte della città per farlo entrare di notte dentro le mura. Ne segue uno degli episodi più tragici e timorosamente attesi dal pubblico dell’Opera dei pupi: la morte per tradimento del valoroso Ruggiero e dell’intera sua famiglia. Immancabile l’immediata punizione del traditore: Galiacella rivela al fratello le infami calunnie di Beltramo e lei stessa lo condanna al supplizio. L’oscura impresa di Risa macchia indelebilmente d’infamia Almonte d’Asia, che d’ora in poi dovrà fare i conti, oltre che con la sua abituale superbia, anche con un sottile e malcelato rimorso invano represso. La povera Galiacella – già incinta dello sposo – compirà il suo tragico destino abbandonata in balìa delle onde e invano soccorsa dal mago Atlante. Si salveranno però i due gemelli da lei partoriti, Ruggiero e Marfisa, ai cui futuri destini provvederanno Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto.
La morte di Ruggiero di Risa è uno degli episodi più importanti e significativi del repertorio dell’Opera dei pupi, sia per l’ammirazione riservata al personaggio di Ruggiero (e la corrispondente esecrazione dello sleale Almonte), sia perché in esso veniva evidenziata la simmetrica contrapposizione nel racconto cavalleresco dei convertiti (Galiacella) e dei traditori (Beltramo).
Per come amarono metterlo in scena i pupari catanesi, si tratta anche di un episodio fra quelli più tragicamente shakespeariani della Storia dei Paladini di Francia. Tra gli ingredienti della serata infatti, oltre alla finale ecatombe di sangue, così simile a quella di tanti drammi elisabettiani, ricordiamo la triste figura di Beltramo, il fratello invidioso e traditore, la cui psicologia e le cui motivazioni e trame richiamano alla mente quelle di Jago dell’Otello e le cui modalità di corteggiamento non sono dissimili da quelle di Riccardo III con Lady Anna nell’omonimo dramma storico.
Episodio in cui agiscono personaggi che tutti mettevano alla prova le capacità d’interpretazione di parlatori e parlatrici: non penso soltanto alle figure dei quattro protagonisti (Ruggiero, Almonte, Galiacella e Beltramo), ma anche a quelle minori, tuttavia dense di spessore psicologico, del vecchio duca Rampaldo, del suo terzogenito figlio Melonetto e del nobile e leale sovrano saraceno Salatiello di Libia.
Serata in cui si apprendeva senza mezzi termini il gioco tremendo delle passioni umane e la tragicità dell’esistere.

 

Compagnia Marionettistica Fratelli Napoli. Rappresenta l’antica tradizione dell’opera dei pupi catanese. Don Gaetano Napoli fondò la compagnia nel 1921, affidandola successivamente ai tre figli Pippo, Rosario e Natale. I Napoli, oltre a proporre spettacoli con recita a soggetto, rappresentano testi basati sulla tradizione degli antichi canovacci nei quali una moderna drammaturgia dell’opera dei pupi riesce a tener conto delle regole tradizionali di messinscena. Sulla base di codici tramandati da padre in figlio, il sentimento si fa gesto, comunicazione, arte. Le scene, le armature, i costumi, i suoni e quella “improvvisazione” quale essenziale momento artistico contribuiscono ulteriormente alla creazione del rapporto pubblico – attore e della particolare “magia” teatrale, che sono caratteristiche fondamentali dell’opera dei pupi.

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Info: 091.328060 (orari di apertura: lunedì e domanica_ore 10-14; da martedì a sabato_ore 10-18)